Prescrizione dell’azione disciplinare: ratio e applicazione
Con la sent. n. 22463 del 26 luglio u.s., le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, relativamente al procedimento disciplinare degli avvocati, hanno fornito un interessante chiarimento sulla natura e ratio della prescrizione dell’azione disciplinare.
In particolare, la Corte ha indicato che la pretesa punitiva esercitata dall’organo disciplinare verso gli iscritti ha natura di diritto soggettivo potestativo e che tale diritto, pur avendo una natura pubblicistica (interesse pubblico al corretto esercizio della professione) è comunque un diritto sottoposto a prescrizione. La prescrizione ha, quindi, la funzione di delimitare nel tempo l’inizio dell’azione disciplinare e di assicurare che la sottoposizione del professionista all’irrogazione della sanzione non sia “sine die” ma abbia un limite temporale circoscritto. La ricostruzione operata dalla Cassazione vede, pertanto, l’organo disciplinare in posizione di potere (potere disciplinare finalizzato alla tutela di un interesse) e l’incolpato in posizione di soggezione, mitigando lo stato di soggezione mediante un limite temporale.
Specificatamente le Sezioni Unite hanno indicato che “la pretesa punitiva esercitata dal Consiglio dell’Ordine forense in relazione agli illeciti disciplinari commessi dai propri iscritti ha natura di diritto soggettivo potestativo che, sebbene di natura pubblicistica, resta soggetto a prescrizione, dovendo escludersi che il termine di cui all’art. 51 del RDL possa intendersi come un termine di decadenza, insuscettibile di interruzione o di sospensione, specificandosi che la previsione, da parte del citato art. 51 di un termine quinquennale di prescrizione, mentre delimita nel tempo l’inizio dell’azione disciplinare, vale anche ad assicurare il rispetto dell’esigenza che il tempo dell’irrogabilità della sanzione non venga protratto in modo indefinito, perchè al procedimento amministrativo di inflizione della sanzione è da ritenere applicabile non già la regola dell’effetto interruttivo permanente della prescrizione sancito dall’art. 2945, comma 2, c.c., bensì quello dell’interruzione ad effetto istantaneo di cui al precedente art. 2943 c.c., con la conseguente idoneità interruttiva anche dei successivi atti compiuti dal titolare dell’azione disciplinare in pendenza del relativo procedimento”.
Nella medesima pronuncia poi le Sezioni Unite sono ritornate sul dies a quo per il computo dei termini prescrizionali e, confermando un orientamento consolidato, hanno ribadito che “esso va individuato nel momento della commissione del fatto se integra una violazione deontologica di carattere istantaneo che si consuma e si esaurisce nel momento in cui l’illecito viene realizzato; se invece la violazione è caratterizzata dalla protrazione nel tempo la decorrenza del termine inizia dalla data di cessazione della condotta e dell’illecito” (Cass. Sez.Un. nn. 13379/2016, 8946/2023).