Natura del Codice Deontologico delle libere professioni
Con la sentenza 25940 del 5 settembre u.s., le Sezioni Unite della Cassazione ritornano sulla natura del Codice deontologico forense e della possibilità di impugnarne le regole in sede di legittimità. Ricorda la Cassazione che il Codice deontologico non ha carattere normativo ma è un insieme regole comportamentali di cui -in sede di autoregolamentazione- le libere professioni si sono dotate per assicurare uno svolgimento etico della propria attività. In particolare tali regole hanno la finalità di attuare i valori che devono caratterizzare lo svolgimento della professione e -nel caso specifico degli avvocati- hanno la finalità di garantire la libertà, la sicurezza e la inviolabilità della difesa. Da tale interpretazione sulla natura del codice deontologico discende chiaramente che laddove i suoi precetti comportamentali siano violati, tale violazione non è o deducibile ai sensi dell’art. 360, co, 1, n. 3 cod. proc. civ.; la violazione infatti potrebbe essere rilevante solo se collegata all’incompetenza, all’eccesso di potere o alla violazione di legge, ovvero a uno dei motivi “classici” di ricorso in cassazione.
L’orientamento espresso in relazione al codice deontologico degli avvocati ha una valenza generale e costituisce canone interpretativo anche per i codici che governano l’etica nelle altre professioni.
Corte di Cassazione (pres. D’Ascola, rel. Mercolino), SS.UU., sentenza n. 25940 del 5 settembre 2023