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Esposti E Segnalazioni: La Tutela Della Riservatezza Non Può Ricomprendere Il Diritto All’anonimato

Esposti e segnalazioni: la tutela della riservatezza non può ricomprendere il diritto all’anonimato

Nei complessi rapporti tra il diritto di accesso agli atti e il diritto alla tutela dei dati personali, risulta di sommo interesse una recente pronuncia del Consiglio di Stato (Sez. III – Sentenza n. 3828 del 06/05/2025) in tema di legittimazione a richiedere l’ostensione dei dati del segnalante.
La pronuncia origina dal caso di un ente -sottoposto a vigilanza ministeriale- destinatario di esposti aventi ad oggetto lo svolgimento delle elezioni dei propri organi statutari che, avendo richiesto di accedere a tali segnalazioni e di conoscere i nominativi dei firmatari,  si era visto opporre il diniego dall’Amministrazione.
Il Consiglio di Stato, rigettando le motivazioni del diniego basato prevalentemente sulla tutela della riservatezza, ha riconosciuto il diritto del richiedente sia ad accedere alla copia integrale degli esposti e delle segnalazioni, sia ad accedere ai nominativi dei firmatari confermando il pieno diritto dell’ente a conoscere gli atti al fine di esercitare una migliore difesa.
Secondo il Consiglio di Stato, il diritto a conoscere di un soggetto sottoposto ad un procedimento di controllo o ispettivo è un diritto pieno e non può essere limitato per esigenze di tutela dei dati personali di chi ha azionato l’ispezione o la verifica.
Segnatamente il Consiglio di Stato ritiene che “il soggetto che subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha comunque un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti utilizzati dall’Amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza, compresi quindi gli esposti e le denunce che hanno determinato l’attivazione di tale potere, non ostandovi neppure il diritto alla riservatezza, che non può essere invocato quando la richiesta di accesso ha ad oggetto il nome di coloro che hanno reso denunce o rapporti informativi nell’ambito di un procedimento ispettivo, giacché al predetto diritto alla riservatezza non può riconoscersi un’estensione tale da includere il diritto all’anonimato di colui che rende una dichiarazione a carico di terzi, tanto più che l’ordinamento non attribuisce valore giuridico positivo all’anonimato”.
Tale riflessione è di somma utilità nel bilanciamento di interessi che ciascuna amministrazione è tenuta a svolgere prima di decidere sull’istanza di accesso agli atti, e mette in correlazione il diritto a difendersi con il diritto all’anonimato, stabilendo che anche la paternità dell’esposto è un elemento utile per verificare la legittimazione del segnalante ad avanzare l’esposto e pertanto a consentire una difesa più efficace al segnalato.
In altri termini, argomentando quanto condivisibilmente indicato dal Consiglio di Stato,  saranno messi in competizione non più il diritto alla riservatezza del segnalante e il diritto alla trasparenza del segnalato, quanto piuttosto la legittimazione a segnalare e la legittimazione a difendersi integralmente; solo mediante la conoscenza del segnalante, il segnalato potrà esercitare con maggiore consapevolezza il proprio diritto di difesa.
Peraltro, continua il Consiglio di Stato, una volta che l’esposto sia stato inoltrato all’Amministrazione, questo diventa documento con rilievo procedimentale e il segnalante perde il controllo sulla propria segnalazione che diventa un elemento nella disponibilità della sola Amministrazione.

La sentenza del Consiglio di Stato va nella stessa direzione della pronuncia di primo grado del TAR Lazio (Sent. n. 21257/2024) che efficacemente aveva evidenziato che colui che ha subito un procedimento di controllo o ispettivo ha un “interesse qualificato a conoscere integralmente” tutti i documenti del procedimento amministrativo, ivi inclusi gli atti iniziali quali esposti, segnalazioni e denunce. Pertanto, continua il TAR citato, al di fuori di particolari ipotesi in cui il denunciante potrebbe essere esposto in ragione di particolari rapporti con l’esponente a ritorsioni, discriminazioni o indebite pressioni, la tutela della riservatezza non può essere estesa fino a ricomprendervi il diritto all’anonimato dell’esponente o del segnalante.
Secondo il TAR, infatti, in una situazione in cui la trasparenza è funzionale alla difesa dei propri diritti e non conduce a rischi per la persona, la trasparenza prevale sulla tutela dell’anonimato.

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