Notifica a mezzo PEC degli atti del procedimento disciplinare: validità e malfunzionamento della PEC
Con l’entrata in vigore del CAD – Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lg.s 82/2005) abbiamo assistito ad un’interessante semplificazione del sistema di notifiche e comunicazioni che ha interessato anche i procedimenti disciplinari celebrati davanti agli ordini di livello territoriale.
Muovendo, infatti, dal principio che gli Ordini sono Pubbliche Amministrazioni, per quanto peculiari e speciali come indicato dalla stessa legge (cfr. DL 101/2013), la possibilità di notifica a mezzo pec degli atti inerenti al procedimento disciplinare è ormai un dato acquisito, oltre che un’opzione sempre percorribile come efficacemente chiarito dalla sentenza n. 20685/2018 della Cassazione a Sezioni Unite.
A riguardo, il CNF-Consiglio Nazionale Forense a partire dal 2020 – da ultimo sentenza n. 270 del 20 giugno 2024- a più riprese ha ribadito non solo l’applicazione del CAD agli atti dei procedimenti deontologici, ma ha fornito esemplificazioni utili per la pratica quotidiana.
In particolare:
- con sentenza n. 194 del 15 ottobre 2020 che afferma “A partire dall’introduzione dell’art. 48 del decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005 (cd. “Codice dell’amministrazione digitale”), la trasmissione del documento informatico a mezzo posta elettronica certificata è equivalente alla notificazione per mezzo della posta, producendo pertanto gli stessi effetti giuridici. Conseguentemente, i Consigli forensi (che sono enti pubblici non economici) hanno facoltà di notificare i propri atti col mezzo della posta elettronica certificata, perfetto equipollente della notifica mediante ufficiale giudiziario, senza peraltro necessità di un’attestazione di conformità od altri requisiti formali previsti invece per gli atti del processo civile (nel caso di specie trattavasi della citazione a giudizio, notificata all’incolpato a mezzo posta elettronica certificata)”. La pronuncia è importante perché da una parte codifica l’utilizzo della pec fugando ogni dubbio sulla sua efficacia in termini formali e sostanziali e consentendo un notevole risparmio di tempi e di costi; dall’altra è utile perché sottrae gli inoltri a mezzo pec ad adempimenti formali (quali l’attestazione di conformità) che effettivamente mal si conciliano con lo scopo della pec che è quello di fornire certezza dell’invio, della ricezione e della paternità del messaggio e della documentazione inviata.
- con sentenza 341 del 29 dicembre 2023 inoltre ha specificato che “La ricevuta PEC di avvenuta consegna è opponibile ai terzi fino a prova contraria (DPR n. 68/2005, in combinato disposto con l’art. 48 CAD), la quale ultima tuttavia non può consistere in una mera perizia di parte, in mancanza di una attestazione di malfunzionamento spazio-temporale da richiedersi all’Ente certificatore che ha rilasciato la ricevuta stessa, a ciò abilitato in virtù di provvedimento autorizzativo ministeriale”. La pronuncia è importante perché definisce una questione da sempre aperta ovvero la validità dell’invio a mezzo pec in presenza di contestazioni da parte del ricevente: in assenza di un’attestazione del gestore in merito al malfunzionamento della pec, l’invio si considera sempre andato a buon fine e assicura la formalità del procedimento.
Quanto chiarito dal CNF ha una portata generale ed è applicabile a tutti gli Ordini e collegi professionali, posto che la possibilità di utilizzo della pec deriva dalla loro natura di ente pubblico non economico e posto che tale natura è riconosciuta incontestabilmente agli ordini e collegi di tutte le professioni.