
La cancellazione dall’albo in pendenza di procedimento disciplinare è ora incostituzionale: primi riscontri applicativi
Dichiarazione di incostituzionalità: la sentenza n. 70/2025
Con la Sentenza n. 70 depositata in data 23 maggio u.s. la Corte costituzionale, ponendo fine ad una questione sollevata nel luglio 2014, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 57 della L. 247/2012 (c.d. “Legge Professionale Forense”) che vieta all’avvocato di richiedere la cancellazione dall’albo in pendenza di un procedimento disciplinare a proprio carico. La questione di costituzionalità veniva sollevata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione chiamate a valutare il rigetto dell’istanza di cancellazione disposto da un Consiglio dell’Ordine nei confronti di un professionista gravemente malato e in particolare chiamata a valutare se la motivazione del diniego, consistente nella pendenza di più procedimenti disciplinari a carico del professionista, fosse legittima in punto di diritti costituzionalmente garantiti.
In esito alla trattazione, la Corte Costituzionale ha ritenuto l’illegittimità della norma dell’art. 57 della Legge Professionale Forense contenente il divieto di cancellazione dall’albo per la pendenza del procedimento disciplinare.In particolare la Corte ha rappresentato che “ (…), nella fattispecie in esame, il divieto si traduce in un vulnus alla libertà di autodeterminazione, in quanto l’appartenenza al gruppo professionale viene imposta nonostante sia venuto meno il consenso comunque prestato dall’avvocato all’adesione alla istituzione ordinistica per avere egli perso l’interesse a esercitare la professione ovvero per non avere più la possibilità di farlo”. La Consulta ha infatti ritenuto che, per quanto orientata a garantire l’efficacia dell’azione disciplinare, la norma dell’art. 57 della Legge forense è in contrasto con l’art. 2 e 4 della Costituzione e in particolare che comprima in maniera eccessiva i diritti di rango costituzionale da questi garantiti.
La valutazione svolta dalla Corte ritiene che l’art. 57 della Legge Forense:
- limiti la libertà del professionista di scegliere se rimanere iscritto all’albo in presenza di condizioni personali che richiedano la cessazione dell’attività o la possibilità di accedere a prestazioni previdenziali o assistenziali;
- incida in misura sproporzionata sulla libertà di lavoro garantita dall’articolo 4 della Costituzione, di fatto compromettendo il diritto del professionista di scegliere se cessare l’attività professionale o intraprendere un diverso percorso lavorativo, soprattutto in considerazione della lunghezza del procedimento disciplinare che, come noto, non ha un termine predefinito e pertanto potrebbe condurre il professionista a sopportare il sacrificio di restare iscritto all’albo per un tempo incerto. A riguardo la Consulta segnala che “Il divieto in scrutinio contrasta anche con l’art. 4 Cost., in quanto incide in maniera sproporzionata sulla libertà di lavoro dell’avvocato che richieda di cancellarsi dall’albo avendo intenzione di cessare l’esercizio della professione, ed eventualmente intraprendere una diversa attività lavorativa al cui svolgimento sia di ostacolo l’appartenenza all’istituzione ordinistica” nonché, segnala che “Nel caso di specie, la libertà, anche negativa, di lavoro risulta esposta a un sacrificio la cui durata non è prevedibile, non essendo prescritto un termine per la conclusione del procedimento amministrativo davanti al consiglio distrettuale di disciplina, né, tanto meno, per la definizione della eventuale fase giurisdizionale davanti al CNF e alle sezioni unite della Corte di cassazione”.
Inoltre, procedendo con una valutazione di proporzionalità ed adeguatezza relativamente ai diritti richiamati nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che la finalità perseguita dall’art. 57 citato di garantire la prosecuzione dell’azione disciplinare, possa essere raggiunta con misure meno restrittive e pertanto, nel rispetto del principio di ragionevolezza e proporzionalità sancito dall’articolo 3 della Costituzione.Proprio a tal riguardo la Consulta conclude che il vuoto normativo lasciato dall’eliminazione del divieto di cancellazione in costanza di giudizio disciplinare, nelle more delle valutazioni del Legislatore, può essere colmato con un meccanismo che salvaguardi allo stesso tempo l’efficacia dell’azione disciplinare e i diritti fondamentali dei professionisti coinvolti. La Consulta, fermo restando la necessità di intervento specifico del Legislatore sul punto, ha ritenuto che cancellazione volontaria in costanza di procedimento disciplinare troverebbe un suo controaltare nella possibile riapertura del procedimento disciplinare all’atto di una nuova iscrizione. In particolare, la Consulta fornisce i seguenti spunti per perseguire il bilanciamento dei diritti coinvolti:
- la rinuncia volontaria all’iscrizione all’albo comporta l’estinzione del procedimento disciplinare;
- conseguentemente, onde far salva l’azione disciplinare, gli organi competenti avranno la possibilità di riattivare l’azione sanzionatoria qualora il professionista chieda, in seguito, di essere nuovamente iscritto all’albo;
- la riattivazione del procedimento disciplinare può avvenire solo se il fatto contestato non sia prescritto
Primi riscontri applicativi
La pronuncia della Consulta pone diverse riflessioni sulla portata dell’incostituzionalità e sugli indubbi riverberi di natura pratica che coinvolgeranno la gestione degli iscritti agli albi professionali.Provando ad anticipare, si segnalano le seguenti situazioni che meritano da subito di essere attenzionate e gestite.
- In via preliminare, la possibilità di chiedere la cancellazione in pendenza di procedimento disciplinare costituisce una significazione inversione di tendenza, con l’ovvia conseguenza che vi è necessità da subito di un’azione divulgativa dell’orientamento della Consulta e una conseguente pronta revisione delle policy e procedure regolanti il procedimento disciplinare interne a ciascun ente esponenziale;
- sempre in via preliminare, posto che l’orientamento della Consulta è basato sulla compatibilità tra la norma dell’art. 57 e i diritti costituzionalmente garantiti (cfr. art. 2 e art. 4 Costituzione), ciò richiede un’estensione della sua applicazione a tutte le professioni ordinistiche e non soltanto a quella forense; a prescindere dalla circostanza che taluni ordinamenti professionali non dispongono di una normativa analoga all’art. 57 della Legge Forense ma che applicano il divieto di cancellazione in pendenza di disciplinare sulla base di prassi o di regolamentazione interna o di interpretazioni giurisprudenziali, è necessario che tutti gli ordinamenti professionali rivedano le proprie procedure sia eliminando il divieto di cancellazione dall’albo in costanza di procedimento disciplinare sia sostituendolo con il meccanismo di controllo a posteriori e nel caso in cui il professionista intenda riscriversi all’albo;
- nel merito, l’orientamento della Corte richiede un sostanziale incremento di controlli a carico dell’Ordine. Nel caso del professionista che proceda con una nuova istanza di iscrizione dopo essersi cancellato dall’albo, è necessario che l’Ordine organizzi un ulteriore controllo finalizzato a verificare la previa pendenza di procedimento disciplinare; tale controllo può essere assolto con un’autocertificazione ma, almeno in via campionaria, l’Ordine deve verificare la veridicità della dichiarazione prima di disporre la nuova iscrizione; in aggiunta, all’atto dell’iscrizione l’Ordine dovrà con immediatezza portare all’attenzione dell’organo disciplinare la situazione dell’iscrivendo con l’ovvia conseguenza che il procedimento disciplinare si riattiverebbe pressoché contestualmente alla reiscrizione e che il principio dell’immediatezza dell’azione disciplinare risulterebbe compromesso; ancora in aggiunta è necessario creare un flusso informativo robusto tra l’organo direttivo e l’organo disciplinare disciplinando modalità e criteri per comunicare tempestivamente all’organo disciplinare le eventuali istanze di cancellazione prevenute;
- Sempre nel merito, la situazione appena descritta risulterebbe amplificata nel caso in cui il professionista chieda la reiscrizione in albo di altro distretto, diverso da quello in cui si è celebrato il procedimento disciplinare e si è richiesta la cancellazione; in questo caso oltre alle cautele di controllo appena esposte vi sarebbe necessità di assicurare un’informazione diffusa e capillare tra ordini che non sarebbe superata e risolta dalla presenza dell’Albo Unico ma che anzi, in talune circostanze, potrebbe anche confliggere con l’applicazione della tutela dei dati personali;
- Infine, ma sempre nel merito, l’eliminazione del divieto di cancellazione dall’albo in costanza di procedimento disciplinare attenua la caratteristica dissuasiva dell’azione disciplinare posto che -in astratto- potrebbe essere caducata in qualsiasi momento dalla richiesta di cancellazione dall’albo. A riguardo si rammenta la ratio del procedimento disciplinare, replicando l’orientamento in più pronunce espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui “Il procedimento disciplinare è, infatti, diretto a «prevenire, dissuadere e al contempo sanzionare, dall’interno, violazioni di regole e valori fondanti della professione», a tutela dell’onore e «degli interessi corporativistici e anticoncorrenziali» della stessa, ma assume rilevanza anche per i terzi che si avvalgono della attività professionale, i quali, dunque, sono, a loro volta destinatari, sia pure indiretti, delle norme deontologiche”. La preoccupazione della caducazione del procedimento disciplinare è anche della Consulta che, nella propria sentenza, indica testualmente “È dunque necessario che, nelle more dell’intervento legislativo, gli organi professionali competenti vigilino con il massimo rigore affinché non siano consentite pratiche abusive che determinino l’aggiramento del segnalato principio di conservazione dell’azione disciplinare”.
In conclusione, la pronuncia di incostituzionalità relativa alla possibilità di richiedere la cancellazione volontaria dall’albo pur in pendenza di un procedimento disciplinare richiede implementazioni organizzative significative che vanno nella direzione di una maggiore cooperazione tra l’organo amministrativo e l’organo disciplinare e di maggiori controlli ordinistici in fase di reiscrizione.
Attendiamo che la pratica quotidiana ci fornisca nuovi spunti e riflessioni e attendiamo che il Legislatore colmi ill vuoto normativo.