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L’illecito disciplinare prescinde dalla liceità civile o penale dei comportamenti

Con una pronuncia del settembre 2022, il Consiglio Nazionale Forense si è espresso su una questione di attualità e interesse, ponendo una regola sulla rilevanza deontologica di comportamenti che non sono illeciti, né sotto il profilo civile, né sotto il profilo penale. In altri termini, il CFN ha ritenuto che il disvalore disciplinare di un comportamento possa ben sussistere ed essere accertato dall’organo disciplinare anche se non costituisce un comportamento contrario alle norme civilistiche o penalistiche e anche se, pertanto, non è stata accertata alcuna responsabilità nelle competenti sedi giurisdizionali. Il CNF a riguardo sottolinea che le ragioni e i principi che informano il procedimento disciplinare (e l’illecito deontologico) sono ontologicamente differenti dalle ragioni a tutela di diritti soggettivi, poiché riguardano il comportamento del professionista che è oggetto di regolamentazione da parte del codice deontologico e che deve sempre conformarsi al dovere di correttezza e di lealtà; altrettanto differenti sono i presupposti e le finalità che si perseguono con l’esercizio del potere disciplinare e la comminazione della sanzione; altrettanto diversa e peculiare è la moralità che deve essere oggetto di tutela nel contesto professionale. Il CNF ritiene in definitiva che “l’illiceità disciplinare del comportamento posto in essere dal professionista deve, infatti, essere valutata solo in relazione alla sua idoneità a ledere la dignità e il decoro professionale, a nulla rilevando anche l’eventualità che tali comportamenti non siano configurabili anche come illeciti civili” ( Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Sorbi), sentenza n. 133 del 16 settembre 2022).

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