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Criteri di determinazione della sanzione: il punto di arrivo della giurisprudenza

Una volta accertato la sussistenza di condotte contrarie alla deontologia professionale e la violazione del codice di comportamento, l’organo disciplinare è tenuto ad individuare la sanzione da comminare all’incolpato.

L’individuazione della sanzione disciplinare è atto discrezionale del giudicante che -quale provvedimento amministrativo- deve necessariamente essere motivato, proporzionato ed adeguato alla gravità, circostanze e natura del comportamento deontologicamente non corretto.

In considerazione dell’atipicità dell’illecito deontologico, la determinazione della sanzione disciplinare deve basarsi sulla valutazione congiunta di vari fattori di tempo in tempo individuati dalla giurisprudenza e di seguito elencati, quali la gravità dei comportamenti contestati, l’elemento soggettivo (ovvero la sussistenza di colpa o dolo e l’ intensità dell’intenzionalità, dell’imperizia, dell’imprudenza o della superficialità), il comportamento tenuto dall’incolpato precedentemente e successivamente all’evento nonché durante il procedimento, le circostanze -soggettive e oggettive- nel cui contesto è avvenuta la violazione, i precedenti disciplinari, il pregiudizio eventualmente causato ad altri, particolari motivi di rilievo umano così come la buona fede dell’incolpato; infine, quale elemento di valutazione, va tenuto presente il pregiudizio subito -sotto il profilo reputazionale- dalla categoria professionale di riferimento.

La “volontà” di tenere il comportamento, e quindi la coscienza e consapevolezza dell’incolpato, è sufficiente a rilevare la sussistenza dell’illecito disciplinare.

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